martedì 21 aprile 2015

Il ritorno


Dopo quasi un anno ritorno con l’impegno di alimentare questo blog, che racconta alcune delle mie passioni. Un anno di silenzio dovuto ad altri impegni che mi hanno fatto pensare, giusto o sbagliato che fosse, di sospendere i post in questo spazio espressivo che era stato avviato solo poco tempo prima. A volte ho anche pensato di abbandonarlo definitivamente. Poi ho pensato che non fosse del tutto giusto. Gli impegni sono tanti ma non possono impedirmi di continuare con la massima libertà a raccogliere questo diario di interessi, collage di letture e visioni. Buone letture a chi avrà il tempo e la voglia di leggere queste semplici riflessioni, che sono e resteranno strettamente tematiche.

venerdì 2 maggio 2014

I marpioni della politica: House of Cards

Cinque puntate sono sufficienti per dire che è una bella serie tv? Per me si. Eccome.



I primi due episodi diretti da David Fincher (anche produttore esecutivo), il terzo e il quarto da James Foley, il quinto da Joel Schumacher. Mica pizza e fichi. Quando la tv supera il cinema, ovvero un ottimo esempio di una tendenza in voga già da tempo in America, quella di dedicare le migliori energie e i migliori talenti di sceneggiatura non al cinema bensì alla tv, che diventa così vero luogo della sperimentazione di nuove storie e nuovi linguaggi mentre il cinema si appiattisce sulla ripetitività da block buster, in un loop che al cinema ci fa gridare meraviglia quasi solo per gli effetti speciali, mentre i monitor al plasma ci deliziano con gli affetti speciali e storie ad orologeria.
Vedere per credere questa storia al fulmicotone, dove si parla molto ma non ci si annoia mai.

Frank Underwood è il capogruppo democratico al Congresso. Quando la serie tv inizia, c'è un nuovo Presidente degli USA. Frank si aspetta di essere nominato segretario di Stato. Non è così, al suo posto viene nominato un altro, a lui viene detto che è meglio che resti a fare il capogruppo. Non ce ne sarà per nessuno.
La maschera da cinema di Kevin Spacey è perfetta per rendere la perfidia di un ultra navigato politico che muove le persone come marionette, per raggiungere in apparenza il bene della nazione, in pratica i suoi interessi. Di vendetta. E da Shakespeare in giù, la vendetta fa bene alle storie narrate.
Da vedere.

sabato 1 febbraio 2014

C’è del marcio in Norvegia. La Polizia di Jo NesbØ


Dopo una prolungata assenza, e con l’auspicio di essere più presente su questo blog, torno con un commento su un grande noir.
 
 
E' uscito per Einaudi Stile Libero Big l'ultimo romanzo della serie su Harry Hole, il poliziotto dai modi ruvidi che sembra essere sempre sul punto di crepare ma che risorge in ogni libro. Personalmente e professionalmente. Come continuare ad alimentare altrimenti una serie che piace tanto ai lettori? A parte le ovvie ragioni commerciali, l'eclettico scrittore norvegese fa bene a insistere su questo filone di romanzi cupi e appassionanti, con protagonista un poliziotto tutto d'un pezzo, già segnato da incontri pericolosi con serial killer e criminali vari, ma con un quid in più che ne fa uno dei migliori elementi della polizia criminale di Oslo. Già, la Polizia. Che qui diventa protagonista, fin dal titolo. Perché tutte le vicende ruotano intorno a poliziotti, in questo romanzo.
Un misterioso assassino se la prende con poliziotti, in servizio o ex. Gli investigatori capiscono abbastanza alla svelta che il filo rosso che lega gli omicidi è che le vittime si sono rese responsabili del fallimento delle indagini in precedenti omicidi. Chi ha interesse a punirle a distanza di anni? I familiari di qualche vittima? Per saltarci fuori ci vorrebbe il fortissimo Harry Hole, poliziotto sempre in bilico tra genio e autodistruzione. Solo che, come ricorderanno i lettori del precedente Lo spettro, Harry non è messo molto bene, perché si è beccato uno sparo in testa.
Eppure deve ritornare in scena...
Funziona bene questo "Polizia", sia nella tensione, che nella creazione delle false piste, che nel ritratto di figure di poliziotti assai diversi fra loro, onesti e meno onesti, più o meno affidabili, più o meno lucidi nelle loro azioni, che nella motivazione del killer. Proprio il finale, una volta svelata la motivazione, risulta un po' artefatto e forzato nella conclusione action, meno credibile del resto.
Chi ha già letto questi romanzi sa già che vanno affrontati in sequenza, infatti qui l'autore da per scontati azioni e personaggi di romanzi precedenti. E anche stavolta, come da copione, è lecito attendersi un seguito...

martedì 17 dicembre 2013

Quattro lettere per l'assassino

L'ho scritto la scorsa primavera, quasi di getto. Qualcuno lo ha già letto a puntate. Ora si può (ri)leggere tutto di seguito. Solo su Kindle Amazon. E solo per due giorni è gratuito.

Quattro persone uccise durante la stessa mattinata, quattro lettere lasciate sui corpi, una per ciascun cadavere. Cosa c'è sotto? Cosa lega le vittime? Cosa significano le lettere?
Tocca indagare all'ispettore Simona Calabria. Incalzata dai superiori, dovrà districarsi con il collega Franchi tra testimonianze e indizi. Alla ricerca del significato delle lettere.

Buona lettura!

venerdì 13 dicembre 2013

Destinazione lettura


La notizia è di quelle che fanno pensare: bé, ogni tanto qualcosa di buono e intelligente. Il consiglio dei ministri ha approvato il piano “destinazione Italia” composto, a quanto ho capito, da un decreto legge e un disegno di legge, che contiene anche la possibilità di detrarre per gli anni d’imposta 2014, 2015 e 2016 il 19% della spesa per libri cartacei, di qualunque genere, dai testi universitari ai libri di cucina della Parodi, fino a una spesa massima di 2.000 euro, di cui 1.000 per testi universitari e 1.000 per altre pubblicazioni

Una misura per incentivare la lettura, visto che notoriamente in Italia è più la gente che scrive di quella che legge, e per dare ossigeno alle librerie non appartenenti alle grandi catene.

Intanto bisogna vedere se arriverà in porto, d’accordo. Però è un segnale che a chi ama la lettura non può che fare piacere. Dedicato a chi diceva che con la cultura non si mangia. Almeno ci si scarica qualcosa, fiscalmente parlando.

mercoledì 11 dicembre 2013

William Friedkin, vita e cinema tra luci e ombre


E’ veramente interessante l’autobiografia di William Friedkin, geniaccio del cinema americano, sinteticamente individuato come “il regista de L’Esorcista”. La lettura è piacevole, non solo per chi cerca nelle autobiografie il racconto di vari aneddoti, veri o ricamati che siano, ma anche per il contenuto di questi aneddoti. Ne emerge l’autoritratto di un uomo a suo modo straordinario, che ha iniziato a fare cinema entrando dalla porta sbagliata ad un colloquio di lavoro, ha sfruttato le occasioni che gli si sono presentate e non ha rifiutato di metterci del suo, a qualunque rischio. Per credere basta leggere quando racconta di essere entrato in una gabbia di leoni o di avere corso su un prototipo a 400 km/h, il tutto per riprendere “dal vero” gli oggetti dei suoi documentari (la prima fase della sua carriera).

Ed è interessante anche perché ammette le sue debolezze, i suoi fallimenti (che ha conosciuto eccome), i suoi limiti. Un’esistenza professionale tra buio e luce, appunto. Professionale, perché come scrive in premessa non si sofferma sugli aspetti personali. Che è poi quello che interessa a chi legge l’autobiografia di un regista, anche perché alcuni aspetti personali emergono comunque; questo consente di concentrarci sui suoi film. Tra questi, WF dedica ampio spazio a tre: Il braccio violento della legge (perché è stato il suo primo trionfo, oltre che il primo film dopo tre documentari senza successo), l’Esorcista (perché…lo sappiamo tutti) e Il salario della paura (perché è stato un flop clamoroso subito dopo l’apice dell’Esorcista).

E via così citando, in misura minore, la lavorazione dei successivi Cruising, Vivere e morire a Los Angeles, Jade, fino al recente, bellissimo, Killer Joe.

Quello che rende quest’autobiografia appassionante come un romanzo, almeno per me, è l’impasto tra informazione tecnica, aneddoto, commento puntuto dell’autore. Una chicca per chi ama gran parte dei suoi
film anche per gli eccessi che contengono, una lettura piacevole per il resto del mondo.

lunedì 2 dicembre 2013

Low winter sun, c’è del marcio a Detroit


La città dell’auto, con i suoi fumi, i suoi quartieri sgangherati, i pub malfamati. Non so se sia uno spaccato realistico, ma a parte gli uffici della Polizia vediamo questo di quella città. Una Detroit che fa da sfondo agli affari sporchi di alcuni poliziotti che hanno perso la bussola e non sanno bene da che parte stare.

Tra questi ce ne sono due (Mark Strong e Lennie James, bravissimo) che hanno risolto a modo loro una questione con il collega più marcio di tutti: l’hanno annegato in un lavandino, legato con le manette alla sua auto e gettato nel fiume, simulando il suicidio. Peccato che quando lo ripescano, con grande stupore di tutti, si scopra che nel bagagliaio c’è anche un cadavere fatto a pezzi, di cui i due ignoravano l’esistenza. E gli affari interni già ronzano attorno…



Low winter sun è partito da tre puntate su Fox Crime e promette bene. Le atmosfere sono fredde e taglienti come il “basso sole d’inverno”,  i personaggi tutti apparentemente grigi, nel senso che non è tutto bianco e tutto nero, e non è detto che siano tutti da buttare via, il plot sembra (è ancora presto per dare un giudizio più completo) accattivante e, come spesso accade nelle serie TV moderne non autoconclusive,  foriero di sviluppi che si allargheranno sempre di più.