venerdì 2 maggio 2014

I marpioni della politica: House of Cards

Cinque puntate sono sufficienti per dire che è una bella serie tv? Per me si. Eccome.



I primi due episodi diretti da David Fincher (anche produttore esecutivo), il terzo e il quarto da James Foley, il quinto da Joel Schumacher. Mica pizza e fichi. Quando la tv supera il cinema, ovvero un ottimo esempio di una tendenza in voga già da tempo in America, quella di dedicare le migliori energie e i migliori talenti di sceneggiatura non al cinema bensì alla tv, che diventa così vero luogo della sperimentazione di nuove storie e nuovi linguaggi mentre il cinema si appiattisce sulla ripetitività da block buster, in un loop che al cinema ci fa gridare meraviglia quasi solo per gli effetti speciali, mentre i monitor al plasma ci deliziano con gli affetti speciali e storie ad orologeria.
Vedere per credere questa storia al fulmicotone, dove si parla molto ma non ci si annoia mai.

Frank Underwood è il capogruppo democratico al Congresso. Quando la serie tv inizia, c'è un nuovo Presidente degli USA. Frank si aspetta di essere nominato segretario di Stato. Non è così, al suo posto viene nominato un altro, a lui viene detto che è meglio che resti a fare il capogruppo. Non ce ne sarà per nessuno.
La maschera da cinema di Kevin Spacey è perfetta per rendere la perfidia di un ultra navigato politico che muove le persone come marionette, per raggiungere in apparenza il bene della nazione, in pratica i suoi interessi. Di vendetta. E da Shakespeare in giù, la vendetta fa bene alle storie narrate.
Da vedere.

sabato 1 febbraio 2014

C’è del marcio in Norvegia. La Polizia di Jo NesbØ


Dopo una prolungata assenza, e con l’auspicio di essere più presente su questo blog, torno con un commento su un grande noir.
 
 
E' uscito per Einaudi Stile Libero Big l'ultimo romanzo della serie su Harry Hole, il poliziotto dai modi ruvidi che sembra essere sempre sul punto di crepare ma che risorge in ogni libro. Personalmente e professionalmente. Come continuare ad alimentare altrimenti una serie che piace tanto ai lettori? A parte le ovvie ragioni commerciali, l'eclettico scrittore norvegese fa bene a insistere su questo filone di romanzi cupi e appassionanti, con protagonista un poliziotto tutto d'un pezzo, già segnato da incontri pericolosi con serial killer e criminali vari, ma con un quid in più che ne fa uno dei migliori elementi della polizia criminale di Oslo. Già, la Polizia. Che qui diventa protagonista, fin dal titolo. Perché tutte le vicende ruotano intorno a poliziotti, in questo romanzo.
Un misterioso assassino se la prende con poliziotti, in servizio o ex. Gli investigatori capiscono abbastanza alla svelta che il filo rosso che lega gli omicidi è che le vittime si sono rese responsabili del fallimento delle indagini in precedenti omicidi. Chi ha interesse a punirle a distanza di anni? I familiari di qualche vittima? Per saltarci fuori ci vorrebbe il fortissimo Harry Hole, poliziotto sempre in bilico tra genio e autodistruzione. Solo che, come ricorderanno i lettori del precedente Lo spettro, Harry non è messo molto bene, perché si è beccato uno sparo in testa.
Eppure deve ritornare in scena...
Funziona bene questo "Polizia", sia nella tensione, che nella creazione delle false piste, che nel ritratto di figure di poliziotti assai diversi fra loro, onesti e meno onesti, più o meno affidabili, più o meno lucidi nelle loro azioni, che nella motivazione del killer. Proprio il finale, una volta svelata la motivazione, risulta un po' artefatto e forzato nella conclusione action, meno credibile del resto.
Chi ha già letto questi romanzi sa già che vanno affrontati in sequenza, infatti qui l'autore da per scontati azioni e personaggi di romanzi precedenti. E anche stavolta, come da copione, è lecito attendersi un seguito...