mercoledì 14 agosto 2013

L’ultimo Lucarelli, ovvero il sogno di leggere un buon libro.

Mi dispiace scrivere una recensione del genere. Non volevo proprio. Però non posso esimermi.

Non nutrivo eccessive aspettative per Il sogno di volare, l’ultimo romanzo di Carlo Lucarelli, mi bastava una semplice e piacevole lettura estiva. Non chiedevo un page turner, mi bastava un buon passatempo. Invece non è così.




Lucarelli è un bravo scrittore, personalmente non è tra i miei preferiti (infatti non ho letto tutto di lui, lo confesso senza problemi), ma credo che possa a buon diritto definirsi “giallista”, come fa lui stesso nella chiosa finale del libro.

Il problema è che stavolta non ne azzecca una. Vediamo di analizzare un po’ meglio questo problema, allora.

Innanzitutto, la trama. Non pretendo le evoluzioni di un Grangé, di cui sicuramente dirò su questo blog, però santo cielo un po’ di costruzione sì, Lucarelli! No no no…qui ci sono pochi omicidi, di un tizio che sbrana letteralmente le vittime, a cui poi strappa il cuore a morsi. Un po’ di classico brancolare nel buio, una pista che si materializza grazie all’ascolto di un file audio su un blog (guarda il caso, alle volte…solo che io non sono ancora un serial killer), una persona erroneamente messa in mezzo, poi la polizia, in coabitazione con i carabinieri più per vicende sentimentali della protagonista che per spirito di collaborazione, individua colui che potrebbe essere il Cane, come con grande fantasia viene ribattezzato il nostro crudele assassino.

Praticamente è più lungo il riassunto che ne ho fatto io che la trama stessa. Per tacere della motivazione finale, che ovviamente non sfioro nemmeno. Basti sapere che viene un po’ buttata lì man mano che le indagini (…) avanzano, scordatevi invece un bel confronto finale serrato con l’assassino circa le sue intenzioni e su ciò che lo anima (è uno spoiler? Non me ne sono accorto e comunque non rivela un cazzo).

Poi i personaggi. Grazia Negro esisteva già in Almost Blue, qui viene aggiornata con le sue problematiche sentimentali e materne. I personaggi di contorno, rappresentanti delle forze dell’ordine, vengono identificati dal portare sempre un sigaro spento in bocca o dal ripetere incessantemente “porco can”. Un po’ poco, secondo me.

Un’altra cosa che non mi è piaciuta è che per paginate intere non si capisce se si stia leggendo un presunto thriller o un più sicuro harmony. E qui intervengono le già citate paturnie sentimentali della protagonista, sospesa tra il suo ragazzo non vedente con cui qualcosa non funziona più, e una storia forse nascente con un collega carabiniere, Pierluigi, un rosso dai modi gentili. Tutto interessante, grazie, peccato che non me ne freghi una mazza. Se il livello di sbrodolamento sentimentale rimane ben confinato è tutto ok, altrimenti mi permetto di ricordare all’Autore che io volevo leggere un giallo.

Vogliamo parlare degli omicidi? Qui Lucarelli si supera, perché:

- non descrive in diretta la coreografia degli omicidi

- non narra nemmeno del ritrovamento dei cadaveri, se non nel caso dell’ultimo omicidio.

Succede quindi che saltiamo a piè pari dal momento precedente l’omicidio alle successive indagini. Boh…

Ultima cosa, i deliranti deliri dell’assassino. Cito testualmente, da p. 32:

arrivo arrivo arrivo adesso arrivo tranquilli che arrivo ci penso io a voi brutti stronzi maledetti che non capite un cazzo non avete mai capito un cazzo e mai lo capirete mai

E avanti così per altre venti righe. Se questo è l’immancabile delirio dell’assassino, fondamentale perché si crei una malsana empatia tra il lettore e colui che con le sue gesta dovrebbe tenerlo sveglio, non ci siamo proprio, mi pare.

In conclusione, non so se si è capito: Il sogno di volare non mi è piaciuto proprio. Non so se è stato composto per onorare una scadenza con Einaudi, o se è semplicemente stato scritto con il lato sinistro del cuore. Quello che è certo è che mi fa rivalutare il Lucarelli scrittore di racconti o conduttore di Blu Notte.

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